L’infertilità, intesa come incapacità a procreare, tappa fondamentale del ciclo vitale, può costituire un momento di crisi nel vissuto della coppia. Per molte coppie la capacità di concepire e diventare genitori rappresenta un qualcosa di profondamente radicato nella definizione di femminilità e mascolinità, nell’identificazione della propria identità. La nascita dei figli rappresenta spesso uno dei fondamenti attorno a cui la coppia crea la propria relazione. La crisi nasce nel momento in cui la capacità di generare un figlio viene meno, o si teme venga meno.

 

Le risposte emotive all’infertilità all’interno della coppia sono diverse: dal senso di colpa alla depressione, dalla rabbia fino all’isolamento. Gli uomini tendono a sopprimere e/o negare ogni reazione emozionale, mentre le donne sono inclini a credere di essere loro stesse l’unica causa dell’infertilità, con conseguente senso di colpevolezza e depressione. E la coppia come tale va in crisi: lo sappiamo bene, purtroppo. Troppe volte la maternità diventa un’esigenza così preponderante da diventare un’ossessione, ulteriormente aggravata dalla pressione sociale e familiare che circonda la coppia, incanalando ogni aspirazione della vita verso questo obiettivo, da conquistare a ogni costo.

 

Da qui il ricorso alle tecniche di procreazione medico-assistita. E la scienza negli ultimi anni ha fatto passi da gigante nella ricerca, affinando tecniche e metodi di indagine. Nessuna metodica assistita però può garantire una gravidanza: anche se il ricorso alle terapie può rimuovere l’ostacolo al concepimento, le strade percorribili per divenire genitori richiedono delle premesse salde – e salda innanzitutto deve essere la coppia, e prima ancora gli individui che la compongono.

 

Ecco un breve cenno alle principali tecniche utilizzate e regolamentate nel nostro Paese.

 

L’inseminazione intrauterina (IUI) è la più semplice tra le tecniche di fecondazione assistita: è la metodica che rispetta più di ogni altra i tempi e i percorsi di una fecondazione normale. Infatti, l’incontro tra la cellula uovo (ovocita) e lo spermatozoo avviene “in vivo” all’interno dell’apparato genitale femminile esattamente il giorno dell’ovulazione, quando un piccolo catetere porta gli spermatozoi all’interno dell’utero.

Il razionale dell’inseminazione consiste nell’aumentare le probabilità di fecondazione. Quando l’indicazione e il metodo sono corretti, le possibilità di gravidanza per ciclo di trattamento raggiungono il 10-15%, e vanno anche oltre. Sui risultati incidono fattori come l’età  della donna, la presenza o meno di patologie associate e la qualità  del seme.

Queste percentuali indicano che è consigliabile eseguire un numero di inseminazioni variabili a seconda delle indicazioni e comprese tra tre e sei cicli, prima di passare a un tipo di procreazione medico-assistita più complessa. 

È importante ricordare che la coppia che presenta le indicazioni a una inseminazione intrauterina ha sempre la possibilità di un concepimento spontaneo ed è corretto, in linea di massima, attendere 2 anni di ricerca prima di intraprendere un programma di fecondazione assistita, a meno che non esistano fattori importanti che ne giustifichino un più precoce utilizzo, come l’età  della donna superiore a 37 anni o la presenza di patologie sessuali.

L’inseminazione non ha ripercussioni sulla salute del bambino: l’incidenza di malformazioni fetali e di aborti è uguale a quella della popolazione generale. Nel momento in cui la gravidanza è iniziata diventa a tutti gli effetti una gravidanza analoga a quelle spontanee, con gli stessi rischi e le medesime indicazioni al parto.

 

La FIVET (fertilizzazione in vitro) rappresenta sicuramente la tecnica di fecondazione assistita più diffusa al mondo: si pensi che nell’anno 2000 il numero dei bambini nati con questa procedura ha superato di gran lunga il milione, come risulta dai registri nazionali di Riproduzione Assistita.

“In vitro” significa letteralmente fuori dal corpo: l ’uovo e lo spermatozoo vengono messi a contatto tra loro in una provetta di laboratorio. Se da questo incontro risulta una fertilizzazione, l’embrione che ne risulta viene trasferito nell’utero della donna, dove può avere l’opportunità  di impiantarsi.

La legge 40 del 19/02/2004 ha introdotto normative inerenti la limitazione alla creazione del numero di embrioni, attualmente non superiore a tre, pertanto il divieto alla produzione di embrioni sovrannumerari e della loro crioconservazione, mentre è consentita la crioconservazione dei gameti maschili (spermatozoi) e femminili (cellule uovo).

 

La ICSI (iniezione intracitoplasmatica) invece è indicata quando il liquido seminale è seriamente compromesso e al test di capacitazione si ottengono pochi spermatozoi, con scarsa motilità e quindi bassissima possibilità di fecondazione spontanea. La microiniezione ha restituito a molti uomini la possibilità di diventare padri, anche quando la fertilizzazione in vitro non poteva aiutarli.

Nella FIVET, quando uova e spermatozoi vengono messi a contatto si attende semplicemente che la formazione dell’embrione avvenga in maniera spontanea.  Purtroppo questo non accade se gli spermatozoi sono pochi e scarsamente attivi. La novità  della ICSI è stata proprio questa: se l’unione non si verifica, il biologo introdurrà  direttamente lo spermatozoo all’interno dell’uovo femminile.

Il numero dei bambini nati dopo Fivet ha abbondantemente superato il milione, ma già da tempo è noto che questa procedura non aumenta né l’incidenza delle malformazioni congenite né di quelle cromosomiche, il cui rischio è uguale a quello della popolazione generale (2-4%). Nel momento in cui la gravidanza si instaura, richiede delle particolari attenzioni nel primo trimestre, ma quando è avviata è a tutti gli effetti una gravidanza sovrapponibile a quelle insorte spontaneamente, con le stesse possibilità  di gestione delle modalità  del parto. 


I rischi e le complicanze di una microiniezione sono identici a quelli visti per la Fivet.  L’unico fattore che attualmente richiede attenzione e studi ulteriori riguarda le possibili malformazioni cromosomiche e genetiche del feto. I dati finora disponibili indicano un rischio leggermente aumentato, in particolare anomalie genetiche e possibilità di trasmettere alla prole di sesso maschile una condizione di sterilità simile a quella del padre. Per questo motivo si raccomanda il ricorso alla diagnosi prenatale in gravidanza, con le tradizionali tecniche di villocentesi e amniocentesi.

 

Vediamo quindi quanto complesso sia questo campo della medicina prenatale: per questo, a mio parere, ogni ginecologo che non lavori in un Centro di Procreazione Assistita dovrebbe accompagnare la propria paziente/coppia a una scelta quanto più possibile consapevole e serena, e delegare al Centro Specialistico le indagini adeguate e le procedure idonee… Sarà poi suo compito accogliere la paziente gravida dopo il primo trimestre e seguirne il decorso fino al parto.

 

 


    

Dottoressa Patrizia Gementi

 

Dirigente dell’Unità di Ostetricia e Ginecologia presso l’Ospedale Buzzi di Milano

 

Studio Medico Associato Oldrini e Gementi (Piazza Libertà 2, 20010 Cornaredo MI)

 

Medical Center Buonarroti (Via Tiziano 9, 20145 Milano)